lunedì 11 agosto 2014

Cara Michela Marzano... Carcere e multe per i blog pro-ana: davvero?

Cara Michela Marzano,
ti scrivo a proposito della tua proposta di legge, che si propone di attirare l'attenzione sul problema dei disordini del comportamento alimentare – o DCA. 

Ti prego ascolta. Si, lo so, è qualcosa che tu conosci molto bene. Si, si, lo so, è una lettera lungaMa la faccenda è grave - e con l'approssimazione non si fa nienteSi, sai già tutto - ma ora dimentica te stessa e spregiudicatamente, per favore, guarda qui: a questo buio da cui sale una voce. 
Mi aspetto ci proverai, perché di questa merda tu hai sofferto, forse per questo puoi ascoltare anche qualcosa che va contro alle tue convinzioni - che non dubito sincere. 
Si, i DCA sono oggi una gravissima malattia sociale, che colpisce ormai quasi tutte le famiglie – so di non esagerare. Le moltissime in cui il “problema” è venuto a galla sono devastate. Ma, anche se moltissime altre nemmeno se ne avvedono, in quasi tutte c’è una figlia, o una cognata, o un nipote.. un qualcuno che, nell’ignoranza dei familiari, si consuma in un dolore infinito e negato. Le travolge una forma di tossicodipendenza che, come ogni droga, frutta tantissimi soldi a tantissima gente. 
E di questa droga e del suo immane pozzo di dolore quasi nessuno parla con cognizione di causa. Eppure, di buoni studi sui DCA, condotti in tutto il mondo, ce n'è eccome; ma in Italia chi avrebbe qualcosa da dire in proposito è ignorato da quella politica nauseante che non approfondisce mai niente e pensa solo ad azioni di facciata, totalmente indifferente alle proporzioni di ogni tragedia. 
Questa, per esempio. La tua proposta di legge cita dati dell'Istituto Superiore di Sanità aggiornati a novembre 2006, per cui la prevalenza dell'anoressia e della bulimia in Italia sarebbe rispettivamente dello 0,2- 0,8% e dell'1-5%. Un po’ datati, però, questi dati. Che aggiornamento sarebbe, al 2006? Nel 2007, quando l’allora mInistro per le Politiche Giovanili Melandri promosse il manifesto della moda italiano contro l'anoressia, (quante/i ne sono morte/i, da allora?) già i dati erano che il 60,4% delle ragazzine italiane tra i 12 e i 14 anni coltiva il desiderio della magrezza, il 24% si è già sottoposto a dieta, il 34% ha inventato la sua dieta senza consultare un medico (fonte Società Italiana di Pediatria). E già nel 2009, la Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare ci informava che anoressia e bulimia erano ormai la prima causa di morte fra tutte le ragazze dai 12 ai 25 anni. 
Allora, in un post che si chiamava Lettera alle donne, con il cuore a pezzi, mi chiedevo dove cavolo fosse finito il femminismo. E per fortuna non ero la sola a chiedermelo, perché – grazie, grazie a Dio, le femministe sono tornate. Ma torniamo a noi, cara Michela. 
Poi, la tua proposta di legge, nota che oggi i DCA, nei Paesi occidentali, sono ormai la prima causa di morte tout court. E non dimentica di dire che l'età della loro comparsa tocca ormai i bambini dell’asilo. E, aggiungo io, tutto questo è avvenuto nell'indifferenza generale, mentre per anni tanti, tanti di noi, chiamavano come voce che grida nel deserto
Già; ma non solo la politica non ha mai fatto una mazza; diciamo pure che ha attivamente promosso, per anni e anni (e tuttora lo fa) un processo di devastazione delle menti che è la vera causa di tutto ciò, e la cosiddetta informazione è stata il suo braccio armato, e le colpe della moda – con i suoi irresponsabili produttori di cultura, fra cui i giornalisti - non sono che un tassello di un quadro ben più ampio. E ora, a scempio conclamato, chiedo: ma come si fa, cara Michela, a pensare che la censura possa risolvere qualcosa?
Chi osserva che, anche in questo caso, invocare la censura sul web è inadeguato e rischioso ha ragione; e sai cosa - paradossalmente questa folle idea fu promossa, per prima, da un sito che, contemporaneamente, promuoveva contenuti pro-ana per eccellenza: il potente sito di Vogue.
Allora scrissi anche questo, alla direttrice di Vogue: cara signora Sozzani, è una cosa bellissima che le riviste di moda si schierino contro l'anoressia. Ma chi deciderà, sig.ra Sozzani, quali blog sono pro-ana e quali sono solo sfoghi ansiosi perché ci si avvita nel delirio che le riviste come la sua hanno seminato coscienziosamente per decenni? Lo deciderà lei? Perché se dovessi deciderlo io credo che se la sua petizione avesse successo forse farei chiudere proprio i siti di moda come il suo: quelli che postano instancabili milioni di thinspo, alimentano cinicamente il ridicolo mito della "magrezza costituzionale", inchiodano le ragazze a un'ansia insormontabile, all'obbligo dell'invidia, della miserabile mitologia del "successo", della denutrizione culturale e spirituale. E intanto muovono un sacco di grana; come ne muoverà anche questa trovata, che scatenerà sul sito di Vogue uno tsunami di click (compresi i nostri) e relativi introiti pubblicitari. Perché l'anoressia è un business, cara signora, e la sua rivista fa organicamente parte di quel business.
Bene; ora la stessa domanda rivolgo a te, Michela  Marzano, e a tutti quelli che promuovono l’ennesima, sconcertante, proposta di legge bipartisan a sfondo poliziesco: chi deciderà cosa è pro-ana, e cosa non lo è? E - ovvio - non è solo un problema di censura. E non è solo che queste proposte arrivano sempre in ritardo
Il vero problema è che con queste azioni si esorcizza un problema senza fare nulla per risolverlo.  
E anche volendo partire dalla fine, e non dalla sua origine: qual è, il problema? E' che chi cade in questo baratro è lasciato solo. E' che abbandonati, anche i genitori dei bambini e degli adolescenti non hanno strumenti per capire e soccorrere i propri figli; nella stessa situazione sono gli insegnanti, e i pediatri.
Se la moda e l'informazione - ostaggi di interessi soverchianti - ad autoregolarsi non ci pensano nemmeno, le istituzioni dovrebbero intervenire con leggi, certo. Ti ricordi dell'iniziativa spagnola che alzò il BMI per le modelle? Ecco, una legge che impedisca agli stilisti di usare modelle sottopeso, ci vorrebbe. Una domanda, cara Michela: cosa ne fu, in Italia, degli intenti di quel manifesto? Un bel niente, tanto per cambiare. La moda continua ad essere libera di fare quello che vuole, in passerella sfilano malati. Le loro cadaveriche sirene cantano senza posa dalle pagine delle riviste. Guarda un po’ qui: 
queste pagine sono dall’ultimo numero di Io Donna, il femminile del Corriere della Sera – mica da un blog pro ana.
Una legge che stronchi il dilagare dei concorsi di bellezza per bambini, come quella approvata in Francia, ci vorrebbe. Hai idea di quanto stiano crescendo, oggi in Italia, e di che ne sarà dei cervelli di tutti i bambini coinvolti?           Una legge che promuova una giornata nazionale di lotta ai DCA, ci vorrebbe. Una legge che, riconoscendo i DCA come malattia sociale, destini fondi a programmi seri, per azioni preventive, informazione e formazione, ci vorrebbe. Per dare speranze ai ragazzi e alle ragazze. Azioni forti a partire dalle scuole – Ma le scuole.. Ah, già, vanno a fondo perché non ci sono fondi. Bisogna pensare sempre a cose più importanti – gli F35, per esempio.  
Bè; tante azioni sarebbero necessarie, ma non leggi poliziesche contro le ragazze
Leggere, nella tua proposta, che con l'individuazione del nuovo reato d'istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l'anoressia o la bulimia, si dovrebbe permettere alle Forze di polizia di agire in modo tempestivo fa accapponare la pelle.  
Leggere che: chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente ... è punito con la reclusione fino ad un anno e con una sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 fa accapponare la pelle. E perché, chi istiga, ma non "esplicitamente", istiga meno? E si! si tratta soprattutto, dice la proposta, di contrastare in maniera efficace la diffusione esponenziale dei siti «pro-ana» e «pro-mia» (..) ma davvero? perché alcuni promuovono la «magrezza ad ogni costo» e celebrano il raggiungimento dei 35 chili di peso come ideale e conquista; altri hanno lo scopo di «aiutare gli altri a raggiungere i propri obiettivi, ossia la perfezione» (…) diffondono messaggi motivazionali (thinispiration), che possono assumere la forma di fotografie di modelle o personaggi famosi particolarmente magri, specificando che «il magro non passa mai di moda».
Pensandoci bene, cara Michela... non sembra si parli, qui, di un qualunque articolo di moda? Ma l’industria della moda e i suoi lacché da questa proposta di legge non si sentiranno minimamente chiamati in causa. E a ragione: perché non lo sono. Nessuno si preoccuperà di mettere limiti al loro ininterrotto lavorio sui cervelli, che è humus e radice dei vituperati blog pro-ana: su cui, però, le ragazze, oltre a istigarsi l’un l’altra, cercando sollievo alla solitudine, a modo loro gridano aiuto, e spesso si interrogano e cercano vie d’uscita.
In conclusione. La lettera è lunga, lo so. Il preambolo della tua proposta di legge, notando quanto tutta la faccenda sia complicata, afferma che capirci qualcosa non sia compito del Parlamento. Ecco, invece lo è. Semmai non è vocazione, né interesse, di una politica asfittica e corrotta interrogarsi sulle cause profonde che, anche nel nostro Paese, portano al dilagare della disperazione
Compito di un Parlamento sano, di persone che fanno politica con spirito di servizio, sarebbe, preso atto della gravità di un fenomeno, andare a fondo delle sue ragioni e offrire strumenti concreti per affrontarlo. Servono prevenzione da un lato, e sostegno alle famiglie e alle persone colpite dall’altro. Ma tutto questo comporterebbe noiose complicazioni... attaccare le ragazzine che aprono blog pro-ana è più scenico, economico e veloce. 
E allora ascolta. Tu sai cos’è, quell’immenso dolore che scava dentro le ragazze (e ora, sempre più, anche ragazzi), e in loro difesa, ora, vuoi agire. Ma allora – ti prego, ascolta. Quelle ragazze, non vanno represse ma ascoltate; vanno soccorse, mica arrestate.
Non è colpevolizzando loro, che si risolve niente. Non sono censure né leggi poliziesche, che ci servono. Servono serietà e fondi. 
E - anche stavolta - servono un Ministero e una ministra seria per le Pari Opportunità.
Mari, e le altre 

lunedì 13 gennaio 2014

Cara professoressa

Ehi, come va carissim*. Lo so, ormai passo di qua troppo poco e random; ma esisto sempre. Oggi voglio lasciarvi una cosa non mia, un post che ho trovato in rete: una scena che si potrebbe svolgere in qualsiasi scuola. Ci scommetto che sono una marea quelle che ci si riconosceranno. Eccola (con mia postilla aggiuntiva in fondo):
"Laura (la chiamerò così): istituto professionale, un metro e quaranta per 35 chili. Stamane mentre mi accingevo a uscire dall’aula Laura mi ha consegnato di straforo un foglio protocollo a quadretti: «se vuole leggerlo professoressa» mi ha detto. 
Dalle prime righe ho intuito l’urlo e prima di custodirlo fra le pagine della mia agenda le ho chiesto di scriverci sopra il numero di cellulare. Mi ha chiesto «perché?» e le ho detto «per poterti rispondere subito». Tornata a casa ho trascurato ogni altra attività e ho iniziato a leggere:  
«Perché nessuno se ne accorge? Voglio dire, passiamo 9 mesi a scuola, 5 giorni a settimana, per 5 ore. Ci guardate in faccia, ci chiedete “Come va?”, ci interrogate e ci stressate. Per quanto alcuni professori ci capiscano, nessuno guarda mai oltre la facciata. Stiamo morendo dentro, cari professori. Moriamo dentro perché viviamo in una società in cui le cose materiali importano più delle opinioni. Viviamo in città in cui se non sei vestito firmato e hai interessi diversi dalla discoteca, sei considerato un poveraccio. Vorrei tanto che, per una volta, apriste gli occhi: guardando in prima fila vedrete una ragazza che, per colpa delle malelingue ha rischiato seriamente di finire anoressica. Guardate per terra e troverete l’alunna più brava e intelligente della classe che, con la scusa della dieta, non riesce a smettere di perdere chili. Guardate nell’ultima e scoprirete una ragazza che ha un disperato bisogno di comprensione per essere salvata. Guardatela bene e forse noterete i graffi sul braccio, gli occhi spenti, la paura di non valere abbastanza, di deludere i propri genitori, di restare sola.
Perché è questo che siamo: una generazione impaurita e fragile, di cui nessuno si occupa. Perché farlo? Ci insegnate il francese, l’inglese, la matematica. Ma chi si occupa di insegnarci come affrontare quelle che per noi sono le vere difficoltà? Chi si è mai fermato un attimo a pensare se uno dei suoi studenti ha tentato il suicidio? Io me lo chiedo ogni giorno se uno dei miei compagni ci ha provato.
Aprite gli occhi: che senso hanno tutti i progetti sul “fumo dannoso” quando quelli come me non sanno nemmeno se arriveranno a domani?
Guardatemi, non ho paura di qualcosa che potrebbe farmi venire un tumore. Ho paura di non svegliarmi domattina perché qualcosa è andato storto oggi.
Perché vi comportate come se queste fossero solo favole?
“L’autolesionismo è per quei ragazzi che vengono chiamati Emo”, “L’anoressia può essere fermata”.
Siamo adulti? Parliamo seriamente. Son cose serie. L’ autolesionismo non è così semplice, così come non lo sono i disturbi alimentari.
Cari professori, vi invito a fare un giro nella mia testa.
Tenetevi forte, perché vi farà paura: è quasi tutto buio. I mostri divorano la mia autostima, la mia speranza, la mia vita».
Ho avuto bisogno di tempo, di nuvole e spazio, di silenzio e vuoto, ho dovuto sgombrare le incombenze e accogliere la donna in miniatura che cercava il contatto. Mi sono chiesta: questo è un deserto cui manca l’acqua o è un terreno fertile nel quale piantare semi che producano fiori? Chi sono i giardinieri? Quali gli strumenti? Dove i medicamenti? Questo che viene invocato è un (nostro) lavoro? Se lo si racconta verrà percepito come finzione? Quanto tempo occorrerà per occuparsene? Si può fare contemporaneamente al “Dolce stil novo”? Può togliere tempo alla lotta fra papato e impero? Come lo valuterà l’Invalsi? Quale prezzo dovrà pagare chi se ne prenderà cura? Come corazzarsi per non ammalarsi ? Come quantificare la disponibilità a prendersi cura del «male di vivere» che attanaglia queste creature che sono i nostri studenti, figlie e figli?
Quanti e quali politici, poco onorevolmente continueranno, dal pulpito del loro assenteismo (37% di assenze in Parlamento) a pontificare su ciò che dovrebbe fare chi svolge professioni di cura come noi insegnanti? Quante Ilaria Capua – cioè deputate poco civicamente sceltasi per pronunciare offensive reprimende verso il Corpo (sfatto) docente – saremo ancora in grado di tollerare ? Non mi sento in grado di azzardare risposte. L’unica risposta alla quale sento di dover rivolgere la mia attenzione ora è quella che rivolgerò a Laura: «Carissima fanciulla con le gambe sempre ripiegate dentro la sedia, affinché non si noti che non toccano terra da sedie minuscole, vorrei saperti dire che lo sguardo che ti rivolgo non è solo quello del docente. Vorrei che tu sapessi che ci sono occhi capaci di afferrare la bellezza del tuo volto, delle parole che hai saputo scrivere. Mani che sanno maneggiare il cristallo dei tuoi dolori e sanare le ferite dei tuoi compagni. Vorrei poterti offrire la bellezza di ciò che non è sfiorato dalle mani degli esseri umani. Ciò che per le donne e gli uomini che sarete diverrà balsamo: luci e ombre; fiato e albe; tramonti e sospiri. So che non saranno le mie parole a darti tregua, così come so che dovrai toccare le cicatrici, sfiorare il cordone che è stato sangue, ricordare che quello è stato. Dovrai appuntarti sul petto la medaglia dei sopravvissuti alle angosce continue per darti le risposte che chiedi a noi. Solo così saprai riconoscere quali semi sono stati seminati. Quali occhi vi hanno osservato. Quali pensieri hanno accompagnato le pose che hai assunto. So che, nel tempo, troverai le risposte e saprai riconoscere la malinconia che si è compiuta nei cocci che hai creduto di aver seminato per prima e che hanno già dato raccolto. Questa è la strada Laura. Fatta di trincee, Noia sublime, pause e libri. Bagagli di parole e vite precedenti dove ci incontriamo. Insegnanti e studenti».

E io vorrei aggiungere: cara professoressa…
lo sa che ci sono associazioni che da anni si battono per portare nelle scuole discussioni esattamente, proprio, su questi temi, e per rispondere a queste domande, una mano tesa a ragazze e ragazzi, un po' di competenza in più per gli insegnanti, un po' di coscienza in più per i genitori?
Questo sia detto per tutti gli insegnanti, di ogni ordine e grado, in tutte le città.
Riguardo all'autrice del post: lei ha scritto delle parole piene di sentimento che suonano bene, ma non basta, mi creda. Le sue studentesse hanno bisogno di lei, e lei ha bisogno di persone come gli operatori di ABA Associazione Bulimia Anoressia. Purtroppo (temo) nella sua regione (che mi sembra sia la Sardegna), forse ABA non c'è; ma provi lo stesso a spendere una telefonata. Il numero è 899-165616