Cara Michela Marzano,
ti scrivo a proposito della tua proposta di legge, che si propone di attirare l'attenzione sul problema dei disordini del comportamento alimentare – o DCA.
Ti prego ascolta. Si, lo so, è qualcosa che tu conosci molto bene. Si, si, lo so, è una lettera lunga. Ma la faccenda è grave - e con l'approssimazione non si fa niente. Si, sai già tutto - ma ora dimentica te stessa e spregiudicatamente, per favore, guarda qui: a questo buio da cui sale una voce.
Mi aspetto ci proverai, perché di questa merda tu hai sofferto, forse per questo puoi ascoltare anche qualcosa che va contro alle tue convinzioni - che non dubito sincere.
Si, i DCA sono oggi una gravissima malattia sociale, che colpisce ormai quasi tutte le famiglie – so di non esagerare. Le moltissime in cui il “problema” è venuto a galla sono devastate. Ma, anche se moltissime altre nemmeno se ne avvedono, in quasi tutte c’è una figlia, o una cognata, o un nipote.. un qualcuno che, nell’ignoranza dei familiari, si consuma in un dolore infinito e negato. Le travolge una forma di tossicodipendenza che, come ogni droga, frutta tantissimi soldi a tantissima gente.
E di questa droga e del suo immane pozzo di dolore quasi nessuno parla con cognizione di causa. Eppure, di buoni studi sui DCA, condotti in tutto il mondo, ce n'è eccome; ma in Italia chi avrebbe qualcosa da dire in proposito è ignorato da quella politica nauseante che non approfondisce mai niente e pensa solo ad azioni di facciata, totalmente indifferente alle proporzioni di ogni tragedia.
Questa, per esempio. La tua proposta di legge cita dati dell'Istituto Superiore di Sanità aggiornati a novembre 2006, per cui la prevalenza dell'anoressia e della bulimia in Italia sarebbe rispettivamente dello 0,2- 0,8% e dell'1-5%. Un po’ datati, però, questi dati. Che aggiornamento sarebbe, al 2006? Nel 2007, quando l’allora mInistro per le Politiche Giovanili Melandri promosse il manifesto della moda italiano contro l'anoressia, (quante/i ne sono morte/i, da allora?) già i dati erano che il 60,4% delle ragazzine italiane tra i 12 e i 14 anni coltiva il desiderio della magrezza, il 24% si è già sottoposto a dieta, il 34% ha inventato la sua dieta senza consultare un medico (fonte Società Italiana di Pediatria). E già nel 2009, la Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare ci informava che anoressia e bulimia erano ormai la prima causa di morte fra tutte le ragazze dai 12 ai 25 anni.
Poi, la tua proposta di legge, nota che oggi i DCA, nei Paesi occidentali, sono ormai la prima causa di morte tout court. E non dimentica di dire che l'età della loro comparsa tocca ormai i bambini dell’asilo. E, aggiungo io, tutto questo è avvenuto nell'indifferenza generale, mentre per anni tanti, tanti di noi, chiamavano come voce che grida nel deserto.
Già; ma non solo la politica non ha mai fatto una mazza; diciamo pure che ha attivamente promosso, per anni e anni (e tuttora lo fa) un processo di devastazione delle menti che è la vera causa di tutto ciò, e la cosiddetta informazione è stata il suo braccio armato, e le colpe della moda – con i suoi irresponsabili produttori di cultura, fra cui i giornalisti - non sono che un tassello di un quadro ben più ampio. E ora, a scempio conclamato, chiedo: ma come si fa, cara Michela, a pensare che la censura possa risolvere qualcosa?
Allora scrissi anche questo, alla direttrice di Vogue: cara signora Sozzani, è una cosa bellissima che le riviste di moda si schierino contro l'anoressia. Ma chi deciderà, sig.ra Sozzani, quali blog sono pro-ana e quali sono solo sfoghi ansiosi perché ci si avvita nel delirio che le riviste come la sua hanno seminato coscienziosamente per decenni? Lo deciderà lei? Perché se dovessi deciderlo io credo che se la sua petizione avesse successo forse farei chiudere proprio i siti di moda come il suo: quelli che postano instancabili milioni di thinspo, alimentano cinicamente il ridicolo mito della "magrezza costituzionale", inchiodano le ragazze a un'ansia insormontabile, all'obbligo dell'invidia, della miserabile mitologia del "successo", della denutrizione culturale e spirituale. E intanto muovono un sacco di grana; come ne muoverà anche questa trovata, che scatenerà sul sito di Vogue uno tsunami di click (compresi i nostri) e relativi introiti pubblicitari. Perché l'anoressia è un business, cara signora, e la sua rivista fa organicamente parte di quel business.
Bene; ora la stessa domanda rivolgo a te, Michela Marzano, e a tutti quelli che promuovono l’ennesima, sconcertante, proposta di legge bipartisan a sfondo poliziesco: chi deciderà cosa è pro-ana, e cosa non lo è? E - ovvio - non è solo un problema di censura. E non è solo che queste proposte arrivano sempre in ritardo.
Il vero problema è che con queste azioni si esorcizza un problema senza fare nulla per risolverlo.
E anche volendo partire dalla fine, e non dalla sua origine: qual è, il problema? E' che chi cade in questo baratro è lasciato solo. E' che abbandonati, anche i genitori dei bambini e degli adolescenti non hanno strumenti per capire e soccorrere i propri figli; nella stessa situazione sono gli insegnanti, e i pediatri.
Se la moda e l'informazione - ostaggi di interessi soverchianti - ad autoregolarsi non ci pensano nemmeno, le istituzioni dovrebbero intervenire con leggi, certo. Ti ricordi dell'iniziativa spagnola che alzò il BMI per le modelle? Ecco, una legge che impedisca agli stilisti di usare modelle sottopeso, ci vorrebbe. Una domanda, cara Michela: cosa ne fu, in Italia, degli intenti di quel manifesto? Un bel niente, tanto per cambiare. La moda continua ad essere libera di fare quello che vuole, in passerella sfilano malati. Le loro cadaveriche sirene cantano senza posa dalle pagine delle riviste. Guarda un po’ qui:
queste pagine sono dall’ultimo numero di Io Donna, il femminile del Corriere della Sera – mica da un blog pro ana.
Una legge che stronchi il dilagare dei concorsi di bellezza per bambini, come quella approvata in Francia, ci vorrebbe. Hai idea di quanto stiano crescendo, oggi in Italia, e di che ne sarà dei cervelli di tutti i bambini coinvolti? Una legge che promuova una giornata nazionale di lotta ai DCA, ci vorrebbe. Una legge che, riconoscendo i DCA come malattia sociale, destini fondi a programmi seri, per azioni preventive, informazione e formazione, ci vorrebbe. Per dare speranze ai ragazzi e alle ragazze. Azioni forti a partire dalle scuole – Ma le scuole.. Ah, già, vanno a fondo perché non ci sono fondi. Bisogna pensare sempre a cose più importanti – gli F35, per esempio.
Bè; tante azioni sarebbero necessarie, ma non leggi poliziesche contro le ragazze.
Leggere, nella tua proposta, che con l'individuazione del nuovo reato d'istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l'anoressia o la bulimia, si dovrebbe permettere alle Forze di polizia di agire in modo tempestivo fa accapponare la pelle.
Leggere che: chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente ... è punito con la reclusione fino ad un anno e con una sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 fa accapponare la pelle. E perché, chi istiga, ma non "esplicitamente", istiga meno? E si! si tratta soprattutto, dice la proposta, di contrastare in maniera efficace la diffusione esponenziale dei siti «pro-ana» e «pro-mia» (..) ma davvero? perché alcuni promuovono la «magrezza ad ogni costo» e celebrano il raggiungimento dei 35 chili di peso come ideale e conquista; altri hanno lo scopo di «aiutare gli altri a raggiungere i propri obiettivi, ossia la perfezione» (…) diffondono messaggi motivazionali (thinispiration), che possono assumere la forma di fotografie di modelle o personaggi famosi particolarmente magri, specificando che «il magro non passa mai di moda».
Pensandoci bene, cara Michela... non sembra si parli, qui, di un qualunque articolo di moda? Ma l’industria della moda e i suoi lacché da questa proposta di legge non si sentiranno minimamente chiamati in causa. E a ragione: perché non lo sono. Nessuno si preoccuperà di mettere limiti al loro ininterrotto lavorio sui cervelli, che è humus e radice dei vituperati blog pro-ana: su cui, però, le ragazze, oltre a istigarsi l’un l’altra, cercando sollievo alla solitudine, a modo loro gridano aiuto, e spesso si interrogano e cercano vie d’uscita.
In conclusione. La lettera è lunga, lo so. Il preambolo della tua proposta di legge, notando quanto tutta la faccenda sia complicata, afferma che capirci qualcosa non sia compito del Parlamento. Ecco, invece lo è. Semmai non è vocazione, né interesse, di una politica asfittica e corrotta interrogarsi sulle cause profonde che, anche nel nostro Paese, portano al dilagare della disperazione.
Compito di un Parlamento sano, di persone che fanno politica con spirito di servizio, sarebbe, preso atto della gravità di un fenomeno, andare a fondo delle sue ragioni e offrire strumenti concreti per affrontarlo. Servono prevenzione da un lato, e sostegno alle famiglie e alle persone colpite dall’altro. Ma tutto questo comporterebbe noiose complicazioni... attaccare le ragazzine che aprono blog pro-ana è più scenico, economico e veloce.
E allora ascolta. Tu sai cos’è, quell’immenso dolore che scava dentro le ragazze (e ora, sempre più, anche ragazzi), e in loro difesa, ora, vuoi agire. Ma allora – ti prego, ascolta. Quelle ragazze, non vanno represse ma ascoltate; vanno soccorse, mica arrestate.
Non è colpevolizzando loro, che si risolve niente. Non sono censure né leggi poliziesche, che ci servono. Servono serietà e fondi.
E - anche stavolta - servono un Ministero e una ministra seria per le Pari Opportunità.
Mari, e le altre